QUANDO LA SCRITTURA MI CHIAMA
Quando la scrittura mi chiama, siedo davanti allo schermo del computer, e riprendo a lavorare su progetti già cominciati, ma non sempre riesco a proseguirli.
La voglia, o meglio il desiderio, anzi no, il bisogno di redigere non corrisponde nello scrivere ciò che in quell’esatto momento non viene pilotato dal cuore.
Per carattere sono anticonformista, non amo le regole, né tantomeno le imposizioni, e quando ciò accade, come una qualsiasi bimba capricciosa e dispotica, mi diverto a fare l’esatto contrario.
Ho sempre creduto, no, mi hanno illusa facendomi pensare di essere una creatura tranquilla, e proprio per questo addomesticabile, come il più tenero degli animali. Invece mi sono riscoperta a essere un felino fintamente quieto.
L’arte dello scrivere mi ha specchiata di fronte alla reale me stessa, e ciò che vedo di volta in volta, mi garba sempre di più.
Lei, la stesura, mi porta in un mondo dove non esiste giusto o sbagliato, mi fa volare tra sogni realizzabili, tra universi facilmente esplorabili, tra emozioni amplificate.
Da lei non vengo giudicata, rimproverata, accusata, denigrata, isolata.
Mi culla, tratto dopo tratto, come farebbe la più amorevole delle madri.
Mi corteggia come l’artefice più compiacente degli amanti.
È il mio porto sicuro, il mio faro più luminoso, e come una grossa nave da crociera fende nel mare del mio cuore, approdandovi ogni qualvolta abbia urgenza di lei.
Tutti possono scrivere, la mia editor me lo insegna, ma solo alcuni posseggono realmente questa dote. Mi ha cercata, spronata, e accompagnata, parola dopo parola, nei meandri della mia anima dimorata in un eremo.
Oramai mi veste come una seconda pelle.
Se non scrivo, non respiro.
Ai miei occhi sei astratta, perché fatta di pensieri.
Diventi concreta quando tengo tra le mani il contenitore colmo di inchiostro nero.
Sei una continua prova, in me fai sorgere un’instancabile ricerca tra desueti vocaboli dai melodici suoni, ai concetti più astrusi. Mi lasci disidratata di sapere, e come in un deserto di lemmi, fisiologicamente bisognosa d’acqua, mi abbevero nel tuo erudito mare.
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